Un pitstop da record
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F1

Via in 1''9. I segreti del pit stop più veloce

A Austin, la Red Bull è scesa sotto i 2 secondi. Intervista al team manager Jonathan Wheatley
Di Matt Youson
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All’inizio della stagione, Red Bull Racing aveva stabilito il nuovo record per il pitstop più veloce, con il tempo di 2’’05. Nel weekend del Gran Premio degli Stati Uniti, ad Austin, il team ha spostato ancora i paletti, gestendo in 1’’923 la sosta di Mark Webber. Come si diventa la prima squadra a scendere sotto la barriera dei due secondi? L’abbiamo chiesto al team manager Jonathan Wheatley giusto un paio di settimane fa, prima del nuovo record.
Jonathan, quanto vi allenate sui pitstop?
Tanto! Ma non sempre, non vogliamo esagerare perché è importante che tutti mantengano entusiasmo e motivazioni. Per esempio, quando siamo in fabbrica non ci esercitiamo nei giorni immediatamente successivi al Gran Premio, perché i ragazzi sono troppo stanchi.
Le sessioni di pratica consistono nel ripetere all’infinito le stesse cose, o c’è spazio per esperimenti?
In pista, l’esercitazione è molto standarizzata. In stabilimento invece proviamo soluzioni nuove. Proviamo le singole sequenze - cambiare il muso, gestire una foratura ecc. - e mettiamo alla prova gente diversa, tecniche diverse, attrezzature diverse.
Vi ponete sempre l’obiettivo di battere il record o questo è un atteggiamento controproducente?
Quello che cerchiamo è la massima efficienza. Credo che il record arrivi da solo nel giorno giusto. Se le 20 e passa persone coinvolte nel pitstop si muovono tutte alla perfezione, il record arriva.
Quali sono i fattori che si sono verificati per permettervi di stabilire il nuovo primato all’inizio della stagione, in Malesia?
E’ andato tutto per il verso giusto. I ragazzi erano molto sicuri di sé nel giorno della gara, e in piena forma. Al sabato sera abbiamo fatto una bella riunione per focalizzarci sui nostri obiettivi. Insomma tutti erano molto fiduciosi riguardo a quanto potevamo fare. Da allora siamo riusciti a fare tempi simili in altre occasione, e vale sempre lo stesso: tutti erano in forma in quel giorno.
Sono tre anni che la F1 ha bandito i rifornimenti, e in questi 3 anni c’è stato una vera e propria corsa a una gestione sempre più efficiente e tecnologica dei pitstop. Credi che si sia raggiunto il limite di quanto si può fare?
Credo che siamo nel momento in cui il rapporto costi-benefici di nuove soluzioni inizia a diminuire. Puoi progettare nuove attrezzature per limare ancora un 10 o 5 centesimi di secondo, ma con costi molto elevati: c’è un punto in cui quelle stesse risorse possono essere più redditizie se impiegate altrove.
Quali sono i fattori umani che permettono di realizzare al meglio un pitstop?
Il pitstop comincia un paio di giri prima, assicurandosi che tutti siano pronti ed escano in pista con l’attitudine giusta. Il pilota deve fermarsi esattamente sui segni, restando molto freddo. L’addetto alla pistola deve centrare i dadi al primo colpo, gli uomini del cric devono eseguire una manovra pulita, che non è così scontato soprattutto per il posteriore. Come dicevo, di base tutti devono muoversi in modo perfetto. Anche una cosa come togliere la ruota sembra facile, ma non lo è. Se riesci a far tutto al meglio, e anche il pilota è assolutamente concentrato e reattivo, è fatta.
Alla fin fine, per come stanno le cose, quanto pensi possiate essere veloci?
In allenamento siamo capaci di fare 1’’7-1’’8, ma riuscirci in gara con tutto quel rumore, la pressione e tutto quello che succede attorno, è molto difficile. Vedremo.

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