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10 e lode: Alì, dove nasce il rap

Decalogo dell'influenza di Muhammad Alì nel mondo del rap, tra teorie e ispirazioni.
Di Francesco Abazia
8 minuti di letturaPubblicato il
Ali Bomaye

Ali Bomaye

© [unknown]

È negli ultimi mesi del 2011 che Dante Terrell Smith Bey annuncia che, da lì a pochi mesi, nessuno dovrà più chiamarlo Mos Def - il nome con cui è diventato una leggenda nel mondo dell’hip hop - ma Yasiin Bey. Yasiin è il nome del trentaseiesimo capitolo del Corano, perno dell’Islam, a cui Bey si è convertito 19 anni prima, in pratica all’inizio di quella folgorante carriera che lo porterà a comporre "Black On Both Sides" e far parte dei Black Starr. Da allora, le sua presenza nel mondo dell’hip hop si riduce a mere comparsate, qualche concerto qua e la, una inutile affiliazione alla GOOD Music di Kanye West e l’annuncio del ritiro dalla carriera artistica con un album finale di cui ancora non si sa nulla. Contemporanemente però, Yasiin diventa uno degli attivisti più riconosciuti al mondo, e questo sembra causargli diversi problemi con le autorità americane. Arriva a denunciare apertamente le brutali torture a cui i detenuti di Guantanamo (molti dei quali di religione islamica) sono sottoposti, tra cui la costrizione a mandare durante il Ramadan.Yasiin Bey è così diventato una delle più importanti e attive figure islamiche del mondo dell’hip hop negli anni 2000, seppur non l’unica. L’Islam è infatti molto radicato nella cultura hip hop, se agli esempi di Bey aggiungiamo quelli di 2/3 degli ATCQ, ricostruiamo il ponte ideale che arriva ai Public Enemy e alla loro amicizia con Louis Farrakhan, storico leader della Nation of Islam.
Chuck D, perno dei Public Enemy, si avvicina alla fede, e al particolare mondo della Nation of Islam – fatto di privazioni e di esaltazione del black power – grazie all’esempio di una delle persone più carismatiche che abbiano mai messo piede sulla Terra, Cassius Clay, che solo 4 anni dopo la nascita di Chuck D (quindi nel 1964) si unisce alla Nazione e cambia il suo nome in Muhammad Ali, rigettando il suo nome “da schiavo” per far spazio al “degno di lode” e “altissimo” nome Islamico.
Tuttavia, l’influenza di Ali sul mondo dell’hip hop non si ferma a questo. Sì, Ali è il musulmano più famoso del mondo, un vero e proprio esempio per la popolazione afro-americana, un esempio fatto di posizioni forti, una bontà grande e un talento sproporzionato per uno senza sangue divino nelle vene. Nel 2007, ESPN e Chuck D realizzano un documentario di circa un’ora basato su un libro di George Lois, “The Greatest”. Il libro, così come il documentario, si basa sulla vita di Muhammad Ali. Il girato però prende un nome ben chiaro, “Ali Rap”, provando a raccontare una versione diversa della storia: Muhammad Alì ha inventato il rap.

Chuck D - Get Used To Me

A far da soundtrack al documentario c’è una traccia che D ha scritto proprio per l’occasione, “Get Used to Me”. Il messaggio del testo, in un certo senso riassume l’intera idea del girato, che espone la tesi – certamente non facile da argomentare – secondo cui Ali avrebbe non solo infleunzato il mondo dell’hip hop a posteriorI (con le infinite citazioni nei testi) ma attraverso la sua dialettica, la sua manifestazione di idee. Ali aveva un modo tutto suo di demolire l’avversario prima ancora di mettergli una mano addosso: quando gli chiederanno cosa ne pensa del rap, risponderà (nel più “Ali” dei modi):
«Ma io sono un doppio rapper. Prima li colpisco con la bocca e poi li colpisco sulla bocca»

LL Cool J – Mama Said Knock You Out 

È la stessa boxe ad essere dai più ritenuta come lo sport più “adatto” al rap tra quelli professionistici. La dialettica pre incontro, i colpi sferrati a ripetizione e con alternanza – come si usa fare in una battle – ne restituiscono l'atmosfera tipica. Alì, ad esempio, era un maestro di “dissing”, sia attivamente, che passivamente. Uno degli scontri verbali più pesanti Ali lo ebbe con Ernie Terrell che, nonostante fossero passati tre anni dal cambio di nome di Ali, si rifiutava di chiamarlo con quello islamico. Sul ring Ali prese a colpirlo con una feroce veemenza, rallentando il suo ritmo solo per infliggere più dolore all’avversario. Di quell’evento ricorda il passaggio più importante "LL Cool J in Mama Said Knock You Out": Ali che colpisce a ripetizione Terrell urlandogli «allora, qual è il mio nome?». Lo stesso Cool J, dirà a Rolling Stone:
«senza Ali non ci sarebbe mai stata Mama Said… e il termine GOAT (oggi così utilizzato nella letteratura hip hop) non sarebbe mai stato coniato»
Muhammad Ali – “I’m The Greatest”/”Will the Real Sonny Liston Please Fall Down"
L’altro main argument utilizzato per attribuire ad Ali la nascita dell’hip hop sono stati i suoi speach. In particolare quelli del 1963, prima cioè del più grande incontro della sua carriera, quello poi vinto contro Sonny Liston – e da dove proviene la più grande foto della storia dello sport. Quegli stessi discorsi, scritti con l’aiuto della poetessa Marianne Moore diventarono un disco, prodotto dalla Columbia Records, che conteneva due tracce “I’m The Greatest” e “Will The Real Sonny Liston Please Fall Down", e, in una seconda edizione, anche una cover di "Stand By Me". In un pezzo uscito pochi giorni fa su MTV, Hanif Willis-Abdurraquib, nel ricordare alcuni dei suoi più famosi speech, nota come la stessa frase più celebre del pugile possa essere in qualche modo ricondotta alla musicalità rap:
«Float like a butterfly, sting like a bee / The hands can’t hit what the eyes can’t see»

Public Enemy – Welcome to Terrordome

Non sono un grande esperto di boxe, anzi, facciamo pure che non ci capisco niente. Ma la rope-a-dope è forse una delle strategie vincenti più conosciute, che riesce a travalicare il confine della boxe per arrivare a simboleggiare un vero e proprio modo di fare. In breve: guardia sulle corde, Foreman che attacca all’impazzata e Ali che una volta che questi è sfinito lo colpisce. Ali ci aggiunse la giusta dose di spacconeria e di “trash takling” innervosendo Foreman e, citando, «lasciando che il diavolo gli entrasse in corpo». L’idea viene ripresa dai Public Enemy, dei dei pionieri che devono tanta della loro ispirazione a Muhammad Ali, che indicò la via (in questo caso della Nation of Islam) e del Black Power. In una delle tracce più politiche del gruppo, "Welcome to the Terrordoom", tratto "Fear of the Black World", Chuck D riprende proprio quell’idea « I rope-a-dope the evil with righteous, Bobbing and weaving and let the good get even, C'mon down, But welcome to the Terrordome».

The Fugees – Rumble in The Jungle

L’incontro con Foreman tuttavia passerà alla storia, dell’umanità più che dello sport, come il “rumble in the jungle”, la rissa nella giungla, nella cornice del nuovo Zaire del dittatore Mobutu. C’era tanta musica in quell’evento, e tanta musica ne è scaturita. Parallelamente infatti Mobutu, decise di istitutire un enorme festival musicale, che vedeva coinvolti artisti del calibro di BB King, James Brown, che si rivelò uno dei più grandi eventi della storia africana. Ma non solo… Dall’avventura venne tratto anche un documentario “When We Were Kings”, vincitore di un premio Oscar ma soprattutto composto da una fenomenale colonna sonora. Tra questi, anche “Rumble In the Jungle”, eseguita dai Fugees, con la partecipazione di Q-Tip e Busta Rhymes. Nonostante parlasse dell’evento generale, il pezzo si trasforma in più passaggi in una celebrazione di Ali, toccando diverse volte i tasti della sua conversione all’Islam e delle sue scelte politiche e sociali, come quella di non partitre per la guerra in Vietnam.

The Game – Ali Bomaye

Da quel leggendario incontro si è generato addirittura un canto popolare, Ali Bomaye, “ali uccidilo” che i tifosi africani cominciarono ad intonare una volta che il match aveva preso la direzione del Greatest. L’espressione è rimasta, ripresa nel mondo del rap da The Game, che ne ha fatto titolo e ritornello di un estratto da "Jesus Piece", con i featuring di Rick Ross e 2 Chainz.

R.Kelly – The World's Greatest

La storia di Ali è stata racontata, analizzata, sviscerata in talmente tanti modi e luoghi che non è questa la sede più adatta per ripercorrerla cronologicamente. Per questo si è preferito far parlare la musica, che in un modo o nell’altro ha scandito o raccontato le gesta di Ali. Una fedele rappresentazione di ciò che Ali e stato e di quello che ha affrontato è data da “Ali”, il film di Michael Mann, dove la vita del campione –interpretato con successo da Will Smith (che ha portato la bara di Ali durante il suo funerale) - viene ripercorsa attraverso gli anni più significativi, passando per il Thrilla in Manila e la morte di Malcolm X. Una colonna sonora importante, a chiosa della quale fu commissionato un pezzo a R. Kelly, “The World’s Gretest”.

Faithless – Muhmmad Ali

Seen the like, not before or since, A young prince An I remain convinced of his invincibility, athletic agility Virility, still a free spirit. Forever through eternity Stingin' like a bee... Muhammad Ali

Sugarhill Gang – Rapper's Delight

In un pezzo scritto da Mosi Reeves su Rolling Stone, l’autore ricorda un passaggio di un saggio di Gil-Scott Heron su Ali, in cui Heron dice, «I believe that Ali's attempts at rap were a part of the spirit of the brotherhood». Il modo che aveva Ali di vivere la sua vita, di relazionarsi agli altri, anche di intendere il suo lavoro e il suo ruolo pubblico, è qualcosa che si vvicina molto all’identità più pura di una qualsiasi delle discipline hip hop. E quindi magari no, Ali non avrà inventato il rap, ma di certo l’ha condizionato, plasmato sotto il peso del più straordinario degli essere umani. E soprattutto, accompagnato fin dall’inizio del suo successo commerciale, Ali, che già veniva citato in "Rapper's Delight". Lì dove il rap magari non è nato, ma è di certo diventato grande.