B*tch Dab
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Musica

Cosa resta della dab

La dab è morta, eppure non è mai stata così viva
Di Francesco Abazia
6 minuti di letturaPubblicato il
Ci sono diversi modi con cui approcciarsi all’argomento dab, alcuni dei quali non si escludono a vicenda pur sembrando in apparenza antitetici. La dab, per esempio, è morta. Eppure tutte le domeniche un calciatore (spesso Insigne) o un meme del vostro feed di Facebook, Rovazzi o Fedez, vi ricordano quanto bello sia portarsi il braccio sinistro o destro, piegato, davanti al volto. Ma andiamo con ordine.
Che la dab sia morta non lo stiamo a dire certamente noi: la fonte è ben più autorevole in materia, e si tratta di Quavo dei Migos. Nel luglio del 2016 quello che era stato uno dei più famosi esponenti (e forse inventore) della dab aveva detto: «Bisogna dare alla gente un nuovo trend, una nuova onda o qualcosa di nuovo con cui sostituirlo. Tutti lo stanno copiando ed è ora il momento di abbandonare la dab». Quavo non era stato il primo a dirsi risentito dell’uso della dab poco ortodosso: Cam Newton – il cui primo suggerimento di ricerca su Google è “Cam Newton Dab”- quaterback dei Carolina Panthers aveva detto qualche settimana prima che era arrivata l’ora di smetterla. Cam Newton e Quavo (dove per Quavo si intendono i Migos tutti) sono i principali artefici dei due canali di diffusione che la dab ha avuto.
La dab nasce ad Atlanta e la sua nascita è stata molto controversa. Il movimento (quello di ballare portandosi il braccio davanti al volto) era abbastanza diffuso nella scena, ma l’esplosione della dab si deve indubbiamente al pezzo “Bitch Dab” dei Migos uscito nell’ottobre del 2015. Se proprio dobbiamo trovare una data di inizio alla dab è questa. C’è dibattito anche intorno a questo momento: secondo OG Maco – altro rapper di Atlanta – la dab è stata “inventata” da Skippa da Flippa (una rapper) nell’estate del 2014. Di una cosa quindi possiamo stare certi: se qualcuno ha inventato la dab è stato un rapper.
Ma il vettore principale verso il mainstream è stato un altro: è stato Cam Newton. Secondo Sports Illustrated la prima dab registrata da una telecamera è dell’8 ottobre 2015: Newton porta a casa un touchdown e celebra facendo la dab. La mossa viene ripetuta diverse volte, incuriosendo stampa e tifosi, fino a spingere Newton a parlarne anche in conferenza stampa. Il giro che porta la dab nei campionati degli sport più comuni a noi europei (su tutti il calcio) e nei più importanti salotti della politica mondiale (la Casa Bianca) parte da qui. Newton contagia l’NBA e in particolare LeBron James, LeBron James contagia Paul Pogba e quindi tutto il mondo del calcio. È facile capire cosa ci sia di attraente nella dab: si tratta dello stesso “fenomeno” dell’Harlem Shake e di mille altri tormentoni para-musicali, con l’aggravante di essere facilmente riproducibile e avere intrinseca nella sua esecuzione i connotati della vittoria. La dab diventa di tutti.
Quando diciamo tutti intendiamo davvero tutti. Uno dei primi video virali riguardanti la dab è di un ragazzino che inquadrato dalle telecamere durante uno studio televisivo (di una partita NBA) dabba in maniera oggettivamente incredibile. È l’inizio della fine: arrivano i meme, arrivano le gif, i video virali; la dab è diventata ufficialmente di Internet e quindi, irrimediabilmente, rovinata. Succede poi una cosa molto rappresentativa del periodo storico che stiamo vivendo, nell’era della post-verità, della filter bubble e della nostra vita che viene sempre e comunque mediata dalla rete e da quello che succede in rete: la dab arriva in politica.
Lo fa partendo dagli USA, dalla scena in cui Hillary Clinton cerca di dabbare in maniera surreale, accompagnata dalla presentatrice Hellen e dall’attore che interpreta il Presidente Fitzgerarld. Poi è il turno di Paul Ryan – il portavoce dei repubblicani – che in TV è “costretto” a dimostrare di conoscere la dab. Fino ad arrivare alla più “sociale” delle dab politiche, quella del politico irlandese che dabba perché i suoi elettori «mi avevano chiesto di portare un messaggio positivo, una cosa che fanno molti giovani e si chiama dab». Questo ultimo passaggio è in qualche modo emblematico: cosa ha portato la dab a passare dall’essere espressione di un piccolo segmento sociale – anche molto settorializzato e relegato al dirty south – a “mossa” di qualsiasi persona dotata di una connessione Internet?
Una delle possibili risposte riguarda l’enorme impatto mediato che gli sport oggi assumono. Qualcuno qualche tempo fa aveva detto che gli sportivi erano le nuove rockstar e dando un occhio anche al caso Kaepernick questa versione è alquanto verosimile. Inoltre, ci sono le accuse di appropriazione culturale secondo cui una cosa molto nera come la dab sia diventata vera e propria ossessione della “white society”, un pensiero che con il rap ci ha sempre viaggiato in parallelo e che ne ha segnato alcuni punti importanti della sua storia. Di appropriazione culturale si parlava anche nei primi anni di attività dei Beastie Boys, salvo poi far svanire il tema negli anni seguenti.
Ma quindi: questa dab è morta o no? La risposta è “dipende”. Qualche mese fa in una scuola francese una maestra ha posto ai suoi alunni un quesito che prendeva a prestito proprio la dab di Paul Pogba: considerando il triangolo che Pogba andava a formare con le sue braccia, la sua dab si poteva ritenere perfetta? Il valore propedeutico della dab non si è fermato lì: a Salisbury, Maryland, un’altra maestra ha cambiato il senso dell’acronimo dab in “destroy all bacteria”, invitando i bambini a portarsi il braccio davanti al volto prima di starnutire.
Un giro infinito che ha coinvolto paesi, culture e realtà diverse: in questo senso la dab potrebbe definirsi come uno dei fenomeni virali del 2017, nonostante la giusta dichiarazione di morte di Quavo. La verità è che la dab è solo l’ultima di una serie infinita di cose che sono nate da una sottocultura per poi divenire mainstream e perderne tutto il loro significato. La dab di Desiigner ha un senso, quella di Fedez no (oltre a essere fatta male e ad aver installato nel pensiero degli italiani quella idea di dab). Il problema semmai è la procrastinazione della fine della dab in quegli ambienti in cui dovrebbero dar più retta a Quavo. Che lo facciano gli stessi rapper che in modi più o meno virtuosi e originali hanno “preso ispirazione” dall’immaginario americano è ancora argomento di dibattito, il cui esito andrebbe soppesato in base alla effettiva conoscenza “culturale” del gesto. Viva la dab insomma, ma la dab è morta.