Il demone di ogni biker si nasconde nei terreni bagnati: in una situazione di totale precarietà, e alla vista di rocce, superfici riflettenti e ruscelli d’acqua piovana, il nostro fisico si irrigidisce quasi in maniera del tutto automatica. Ma è vero che il divertimento finisce laddove scompare il terreno compatto, per far spazio alla paura? No, il divertimento inizia proprio quando la polvere, con l’azione dell’acqua, si trasforma in fango. I ragazzi di Raida Come Mangi sono pienamente d’accordo con questa filosofia, ma ammettono che ci sia molto spesso paura, tra gli allievi, nell’affrontare i terreni meno asciutti e stabili.
Ci siamo fatti spiegare come si possono affrontare determinate situazioni di instabilità molto comuni: bisogna rimboccarsi le maniche, mettersi abbigliamento coprente e aguzzare la vista. Cambieranno le linee e il fondo, ma non dovrà cambiare la nostra guida.
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Il bagnato spaventa perché è sconosciuto
Il Mediterraneo ci ha abituati a un clima in cui il bel tempo tiene il terreno asciutto per buona parte dell’anno, mesi cioè in cui l’attività in sella si intensifica molto. Da marzo fino a ottobre il meteo in alcune zone può offrire terreni su cui sbizzarrirsi senza neanche mostrare l’ombra di una superficie bagnata e in cui si scende con un gran flow. Un sogno che svanisce con i mesi invernali: nuvole e pioggia in questo specifico periodo possono far passare la voglia di mettersi alla prova, ma in realtà trasformano i boschi in una palestra perfetta. Se la pioggia e il terreno bagnato spaventano, sottolineano i tutor di Raida Come Mangi, è principalmente perché non siamo abituati.
Un’uscita col bagnanto vale dieci uscite sui terreni più asciutti, con la difficoltà creata dall’acqua e fango che offre margini più elevati di miglioramento. Quindi non bisogna fare altro che tenere alta la guardia e uscire.
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Scegliere il percorso giusto
Con un suolo appesantito e viscido il livello di difficoltà dei trail si alza. È buona norma fare quindi un passo indietro, scegliere un tracciato che non rappresenti il massimo della difficoltà per noi in condizioni normali. Un percorso dal gradiente di difficoltà intermedio risulterà elevato con una superficie bagnata. Scegliere un itinerario che sia già al limite delle nostre capacità in condizioni normali, diventa pressoché inutile e deleterio. Discorso diverso andrebbe fatto su come un determinato terreno si trasformi con le precipitazioni: ogni trail ha una sua risposta e a volte l’acqua piovana potrebbe rendere addirittura più affidabile e sicuro un trail, ma di questo forse bisognerebbe parlarne con i ragazzi di IMBA, autentici specialisti del trail care e delle caratteristiche di un trail.
Un livello inferiore sarà quindi anzitutto meno pericoloso ma soprattutto può diventare molto divertente. In Raida Come Mangi non vi aspettate di saltare una giornata di corso in caso di pioggia, in quanto è proprio su quei campi che si formano i rider migliori.
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Guidare sul bagnato, cosa cambia?
È proprio su questo punto che spesso si sbaglia. Lo stile di guida non deve cambiareradicalmente. La percezione di una situazione fangosa e bagnata fa pensare al pericolo e spinge il biker ad irrigidirsi sulla sella, cambiando anche lo stile di guida.
Ciò che invece deve essere modificato sono principalmente velocità e riferimenti. Con la diminuzione sistematica del grip, diminuisce anche la capacità frenante e di conseguenza la velocità dovrà essere ridotta. Ancora una volta i tutor di Raida Come Mangi, ci riportano un esempio chiarissimo: l’approccio di un pilota di MotoGP su una pista asciutta e bagnata. Il tracciato non cambia, ma le condizioni obbligano a un contatto diverso.
Quando parlavamo di curve e come affrontarle avevamo proprio espresso qualche accenno sui riferimenti e sulle tempistiche di frenata. Non possiamo pensare di eseguire le stesse frenate con un fondo che ha meno grip, bisognerà quindi iniziare un po’ prima a pinzare e operare in maniera sensibile. Ogni movimento brusco potrebbe metterci ancora di più in pericolo.
Una curva sul bagnato interpretata dai ragazzi di Raida Come Mangi
© Edoardo Melchiori/Raida Come Mangi
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La tecnica non deve cambiare
Il punto cruciale è proprio la tecnica di guida quando ci troviamo in situazioni scivolose. Non deve per nessun motivo cambiare. Come le frenate devono diventare più morbide, anche noi dobbiamo diventarlo. In caso di perdita di aderenza bisogna essere pronti a muoversi sulla bici per trovare il miglior punto di equilibrio.
Se si affronta un ostacolo impauriti dalle parvenze che esso ha assunto a causa della pioggia, sarà un’istintiva reazione irrigidirsi cercando di costringere la bici a una direzione che difficilmente manterrà. A quel punto, impauriti e irrigiditi, non avremo la mobilità necessaria per adattarci all’ostacolo e ritrovare un equilibrio. I tutor di Raida Come Mangi nei giorni di pioggia ricordano ai corsisti di comportarsi sempre come l’acqua stessa, adattandosi e copiando il più possibile tutto ciò che si trova tra le ruote.
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Usare entrambi i freni
Il bagnato innesca meccanismi automatici di reazione alla condizione climatica il più delle volte deleteri. L’abuso del freno anteriore può avere conseguenze sul grip, ma non può essere evitato in maniera aprioristica. Anche sul bagnato devono essere utilizzati entrambi gli impianti in maniera bilanciata, ma la tendenza invece è proprio quella di appendersi al freno posteriore cercando di liberare l’avantreno. Con questa operazione però si va a sottrarre ulteriormente il già limitatissimo grip alla ruota posteriore.
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Sul ripido si sbaglia posizione
Terreno bagnato e ripido, forse non la scelta migliore per un’escursione umida, però può succedere di trovarsi in quelle condizioni. L’errore più comune che vedono i ragazzi di Raida Come Mangi è un posizionamento massimamente arretrato.
Su un pendio molto scosceso può far paura portare il proprio peso sull’anteriore, ma è esattamente ciò che deve essere fatto. È una sezione in cui bisogna pensare di entrare a bassissime velocità, per poter lasciare scorrere la bicicletta nella fase centrale e più ripida. La potenza frenante si riduce e diventa impensabile un rallentamento o addirittura un arresto al centro della stessa sezione. I tratti ripidi devono essere quindi essere affrontati nella loro interezza, con la consapevolezza che il rallentamento potrà essere effettuato unicamente alla fine.
Si tratta indubbiamente di una condizione che mentalmente può spaventare, ma diventa fondamentale ancora di più rispolverare le basi della pratica di guida e in particolare: guardare il più lontano possibile.
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Contropendenza, l’approccio deve essere chirurgico
La contropendenza, "off camber" in inglese, è un’altra di quelle situazioni che mettono a dura prova chi ci si trova improvvisamente sopra. Non essendo assolute rarità ma tratti anche molto frequenti, bisogna trovare la via maestra per uscire indenni.
Certamente evitare di frenare non è un’opzione valida da considerare. Tra le modalità più intelligenti per approcciare queste sezioni c'è il trovare un appoggio per ampliare la superficie di contatto della gomma da sfruttare. Può essere una radice che corre parallela al terreno, così come un passaggio di una bicicletta che ci ha preceduto. Su questi tratti è fondamentale sfruttare una gomma che abbia rilievi esterni più pronunciati per aggrapparsi meglio al terreno.
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Su rocce e radici bisogna essere decisi
Che la ruota scivoli su tratti cosparsi di ostacoli di questo tipo, bisogna prima di tutto aspettarselo. Come facciamo però a limitare questo “scarto”? Dobbiamo essere più decisi possibili nell’affrontare tali asperità, questo significa che dovremo aumentare l’angolo di attacco prendendo in maniera più diretta possibile ciò che attraversa il sentiero.
Più si affronta in maniera diretta e meno sarà il rischio per la gomma di scivolarci sopra. Capitolo a parte formano quegli ostacoli preceduti e seguiti da terreno grippante: in tale situazione l’optimum è rappresentato dall’alleggerimento dell’anteriore in corrispondenza del sorpasso, per schiacciare tutto il posteriore una volta avvenuto il superamento. Approccio che in salita si affronta con grande frequenza, e a salvarci sarà sempre e solo il colpo di reni.
Da evitare assolutamente è invece l’approccio in cui si cerca di evitare la roccia o la radice in questione, cercando di aggirare gli ostacoli perché ci andremmo a porre in una condizione di equilibrio ancor più precario. Solamente sfiorare una delle asperità non farà altro che agevolare la perdita definitiva del grip. Quando però si vuole prendere di petto la situazione, un altro aspetto da valutare è la presenza di residui di passaggi precedenti: la poltiglia trasportata dalle gomme su rocce e radici è la trappola perfetta in caso di indecisione. Solo una presa salda e una decisione costante con l’avantreno direzionato sull’uscita vi salverà. A meno che non vi siano linee laterali alternative. È una situazione da valutare nello stesso momento in cui ci si trova di fronte.
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Il setup da “bagnato” è una scelta intelligente
Poiché, ricordano attentamente i tutor di Raida Come Mangi, le velocità sono più basse, sarà necessaria una bicicletta accuratamente messa a punto per le condizioni più pesanti. La MTB dovrà quindi essere settata da bagnato, partendo dalle sospensioni. Bisogna ricordare di aprire le compressioni, per ammorbidire il comportamento, diminuire il ritorno per evitare comportamenti scattosi e così la gomma un po’ più sgonfia.
Ma sulla gomma è doveroso soffermarsi un momento, chiarendo che la gomma da bagnato non esiste (salvo casi eccezionali in cui si sfruttano mescole particolari, ma dalla limitata diffusione). Esistono bensì la gomma da fango e quella non da fango. In base al terreno va effettuata una scelta mirata, se si gira spesso su terra, soggetta a deformazioni e appesantimento assumono un’importanza fondamentale gli pneumatici con tasselli pronunciati. Al contrario, non hanno la stessa azione quando il fondo si basa su superfici estremamente compatte come le rocce: in quel caso il tassello non potrà penetrare in alcun modo, ma anzi fornirà un più limitato punto di appoggio.