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Musica

Tutti i segreti di "Napoli Segreta"

Intervista al collettivo che sta riscoprendo le perle della musica disco funk degli anni '70 e '80
Di Francesco Abazia
17 minuti di letturaPubblicato il
Probabilmente non è mai esistita una Napoli senza musica. Di certo, però, c’è tanta musica a Napoli che non è mai esistita veramente. Musica composta, incisa e poi dimenticata, finita per popolare vecchi scaffali polverosi, bancarelle dei mercatini e scatoloni di infiniti stock di dischi. È la Napoli che nessuno, o quasi, ha mai visto e sentito, la Napoli Segreta. Napoli Segreta è anche un «concept che esiste come DJ-set dal 2015, da una idea di Famiglia Discocristiana, poi subito condivisa con me», mi racconta DNApoli, nome d’arte di Gianpaolo Della Noce, collezionista e DJ: «Suonavo già come DNApoli, ma in generale ero concentrato su sonorità più jazz-funk, prog e verso la canzone napoletana classica. Lorenzo Sannino (Famiglia Discocristiana) mi propose di condividere la console in una selezione caratterizzata da un sound più funk-disco, ed ecco Napoli Segreta». Quell’idea ha poi continuato a fermentare, evolvendosi e continuando a suonare in giro per Napoli e provincia fino ad arrivare a quello che è oggi. 
"Napoli Segreta” è una compilation rilasciata dalla Early Sounds e NG Records che raccoglie perle nascoste della discografia napoletana funk e disco. Un lavoro di riscoperta enorme, a cui hanno partecipato anche i Nu Guinea (Massimo di Lena e Lucio Aquilina), da poco usciti con l’apprezzatissimo “Nuova Napoli” e Pellegrino Snichellotto, owner della label Early Sounds. Tutti questi sono - insieme ai membri della Periodica Records, a Mystic Jungle, Milord, Whoodamanny, Bop, Quiroga e una lunga di lista di nomi – tra i protagonisti della recente ri-esplosione (più che rinascita) di un certo tipo di sonorità disco-boogie e funk, che a Napoli hanno sempre trovato terreno fertile.
In “Napoli Segreta” sono contenute rarità assolute, b-side introvabili e veri e propri exploit unici nelle carriere degli artisti che le hanno incise. Dialetto napoletano, inglese e sonorità proprie delle prime discoteche che si incontrano e permettono di realizzare perché, quando si tratta di sperimentazione musicale, Napoli è sempre stato un porto molto sicuro e propizio. Ma le storie nascoste dietro “Napoli Segreta” sono tantissime e vale la pena farsele raccontare da chi ha contribuito al loro ritrovamento. Abbiamo incontrato DNApoli, Famiglia Discocristiana, Nu Guinea e Pellegrino per farci svelare tutti i segreti di “Napoli Segreta”, e pure qualcosa in più.
Come e perché nasce “Napoli Segreta”?
DNApoli: «Se ti dovessi indicare il momento preciso in cui collocare la nascita della compilation, ti racconterei di una serata dell’estate 2016 al Caféstreet45. In quella occasione a ballare in pista c’era mezza Nu Guinea, era venuto con la sua auto sgangherata in pellegrinaggio a Torre del Greco ad ascoltare il nostro djset. Adesso ha fatto i soldi assai e ha acquistato una Aston Martin, ma questa è un’altra storia».
Nu Guinea: «Negli ultimi anni tra le scoperte di DNapoli e Famiglia Discocristiana (che ci hanno deliziato con i mixtape “Napoli Segreta”) e i nostri ritrovamenti fra basement puzzolenti e mercatini delle pulci, abbiamo ritenuto doveroso rendere accessibile al pubblico brani che altrimenti sarebbero stati quasi impossibili da trovare. Fra meeting con taralli e lupini al chiosco sul lungomare di Mergellina e serate a base di pollo allo spiedo e 45 giri ammuffiti, in una notte calda d’estate abbiamo dato il via alle danze. Una processione durata più di un anno alla ricerca di tutti gli artisti prima e di tutte le licenze poi. Un lavoraccio che farebbe invidia ai migliori detective privati e che ci ha permesso di scoprire molti interessanti retroscena della Napoli degli anni ’70 e ’80».
Pellegrino: Per me il progetto è stato concepito, o comunque se ne è cominciato a parlare sul serio, nell’estate del 2016 quando, durante vari incontri notturni e non, si pensava a dare vita a qualcosa che potesse dare un senso concreto ed anche discografico alle selezioni che Lorenzo (Famiglia Discocristiana), pubblicava online con la serie “Napoli Segreta” appunto, titolo che ho fortemente sostenuto perché venisse adottato anche per la compilation. Successivamente anche Massimo e Lucio si sono uniti al progetto in quanto condividevano sia le Intenzioni che la ricerca musicale che Lorenzo e Giampaolo stavano portando avanti da tempo e alla quale si stavano avvicinando In quel periodo. All’epoca alcuni componenti del team erano diversi (per via di avvicendamenti e defezioni all’interno della label) ma lo spirito è rimasto lo stesso, svelare una Napoli Segreta che non era sotto gli occhi di tutti, o comunque svelarne almeno un po’. 
Famiglia Discocristiana: «Forse durante un pomeriggio di un’estate torrida, giocavo a basket quando sentii il furgone dei gelati e una voce urlare «Viennettapret-à-porter!». Gli corsi incontro e il gelataio aveva un giradischi portatile acceso. Sul piatto girava “Follia” di Giancarlo D’Auria e il tizio faceva dei passetti di ballo esagerati. Bell’e bbuono intorno al furgone se facette una folla di scugnizzi del mio quartiere, e ognuno a fare una mossa, un passetto, tutti a ballare come i pazzi per far salire le capate agli altri. Quando finì la traccia decidemmo di apparare i soldi insieme e ci comprammo quel disco invece che la Viennetta. Probabilmente quello fu il giorno in cui nacque Napoli Segreta. O forse tutto è nato un pomeriggio a casa di Walter Quiroga, chi s’arricorda».
Avete deciso di concentrare la release su due periodi storici precisi, i '70 e gli '80: è stata una scelta precisa oppure dettata dal fatto che negli anni '90 le produzioni di questo tipo si sono stoppate?
Famiglia Discocristiana: «Napoli Segreta è nata disco oriented. E poi non sai che non si esce vivi dagli anni '80?».
DNApoli: «Principalmente perché gli anni '70 e '80 rappresentano il top della scena funk-disco, e quindi abbiamo deciso di far ricadere il focus su quel periodo».
Nu Guinea: «Anche scavando tra la musica degli anni '90 si trovano alcune (poche) cose molto interessanti, ma sicuramente diverse da quelle dei decenni precedenti. Oltre a una questione legata puramente ai generi musicali, sarebbe stato impossibile inserire tutti i nostri brani preferiti in una sola compilation».
Pellegrino: «Semplicemente aveva senso dare una connotazione temporale alle tracce selezionate per cominciare dal principio di ciò che ci interessava, il sound tra la decade dei '70 e degli '80 (inteso proprio come resa sonora) cambiò molto, così come i temi trattati nei testi (probabilmente anche per la differente situazione sociale e culturale nelle due decadi). Questo non vuol necessariamente dire che non ci sia altro materiale pubblicato precedentemente, coevo o successivo che merita o meriterà di essere riscoperto».
Gioco il Jolly

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Qual è stato il criterio che vi siete dati nella selezione dei brani e come si riesce a isolare una perla tra centinaia e centinaia di dischi?
Famiglia Discocristiana: «Abbiamo riguardato per ore un tutorial su YouTube dal titolo “Come tagliare un pollo allo spiedo in 3 pezzi uguali?”. Una guida online in 10 passaggi. Eravamo a casa mia e decidemmo di ordinare un pollo allo spiedo. Applicando il procedimento concludemmo di partecipare alla compilation in parti uguali. Ognuno avrebbe condiviso 3 tracce con gli altri: 3 compiler, 3 tracce, 3 birre a testa, 1 solo pollo allo spiedo extra size. La tracklist ha poi subìto delle variazioni obbligate in corso d’opera».
DNApoli: «Per fortuna di perle rare ne esistono ancora tante, ma solo quando mi arricreo (espressione napoletana per indicare estremo godimento, ndr), sono sicuro di aver trovato la traccia giusta. Quando su una base perfettamente strutturata mi sorprende un cantato napoletano sanguigno capisco che è la traccia giusta».
Nu Guinea: «Di solito il primo passo per capire se un disco ha un potenziale interessante è quello di guardare la copertina o leggere i credits, ma a Napoli questo è praticamente impossibile. L’aspetto grafico di tutta quella fetta di musica composta tra gli anni '70 e '80 è spesso relativo a sottogeneri musicali che si avvicinano molto di più alla musica pop e neomelodica. Nella maggior parte dei casi il brano che a noi interessa è solo uno, all’interno di un intero LP. La soluzione migliore è veramente quella di ascoltare tutto ciò che si può, muniti possibilmente di giradischi portatili o eventualmente acquistare lotti di dischi in grandi quantità. sperando di avere fortuna».
Da un punto di vista tecnico: come avete lavorato per rimasterizzare pezzi che - immagino - non suonavano forse troppo bene?
Nu Guinea: «Abbiamo affidato il “restoring” dei brani a Marco e Pellegrino dello studio Analogcut di Berlino. Le fonti originali non erano sempre ottime. Purtroppo abbiamo dovuto eliminare uno dei nostri brani preferiti dalla selezione finale perché la registrazione aveva dei problemi di eccessiva saturazione e poca chiarezza sonora. Evidentemente fu registrato in uno studio amatoriale e la qualità ne ha risentito».
Pellegrino: «Con Marco di Analogcut (che da tempo collabora con me e si occupa della parte tecnica audio di Early Sounds e progetti correlati) abbiamo avuto non pochi problemi a ridare lustro ad alcune tracce che erano state registrate male in principio, e dopo 30/35 anni suonavano anche peggio. Alcune produzioni incluse nella comp non erano state gestiste nel migliore dei modi e spesso messe insieme in maniera alquanto scalcagnata, ma per me il loro fascino risiede anche in questo».
Come si spiegano certi unicum di produzione (penso a “Follia” di D’Auria o di “E Prumesse” di Sorrentino) nella carriera di artisti che per il resto della loro carriera hanno poi fatto altro?
Famiglia Discocristiana: «Ma perché poi le tracce migliori sono spesso state incise nei lati B? Ci sono cose che non possono essere spiegate».
Nu Guinea: «Partiamo dal presupposto che l’estetica sonora di un disco viene dall’arrangiatore e sotto direttive del produttore, spesso seguendo le tendenze del momento. Non era facile per un arrangiatore, all’epoca, convincere il produttore ad accettare un tipo di arrangiamento disco/funk. Nella maggior parte dei casi il nostro interesse si focalizza sempre sulle B4 e B5 degli album, che era l’unico e misero spazio che si concedeva all’estro musicale dell’arrangiatore».
In “Napoli Segreta” ci sono anche voci femminili, come quella di Donatella Viggiano o di Tonica & Dominante: in un ambiente che immagino a prevalenza maschile, quale era la percentuale di donne?
Famiglia Discocristiana: «Molto prima delle quote rosa, a tutelare la parità di genere c’erano le manifestazioni canore in piazza. La piazza abbracciava tutti, senza distinzione di genere e di sesso. “Porno Rep” de Le Coccinelle incluso».
DNApoli: «Sicuramente dal punto di vista numerico le produzioni con voce femminili sono nettamente inferiori, ma spesso come qualità i testi riescono a trasmettere una rabbia ed una passionalità superiori. Storie di tradimenti , amori rubati , e anche vendette a colpi di rasoio.
Come si colloca il mercato neomelodico in relazione alle produzioni che troviamo in "Napoli Segreta"?
Famiglia Discocristiana: «Neomelodia è un termine che ho sempre legato agli anni '90. Ai matrimoni e alle comunioni col prestigiatore. Gli eroi di "Napoli Segreta" li immagino invece performare in grandi kermesse, come il Cantacampania. Fantasticando? Perché no».
Nu Guinea: «Nella compilation abbiamo inserito anche un brano di un’artista conosciuto nell’ambiente neomelodico, Pino Amoroso, il quale però, come avrete ascoltato, ha inciso anche il brano “Guagliù” che ha un chiaro approccio funk. Con questo vogliamo sottolineare che la selezione per la compilation è stata determinata da singoli brani che ci hanno colpito, più che dal mondo del quale un artista faceva parte. Al Cantacampania potremmo aggiungere anche il “Festival dei Tranvieri” che si svolgeva all’interno della Mostra d’Oltremare oppure al teatro Mediterraneo».
DNApoli: «A mio parere rimangono due mondi opposti, in "Napoli Segreta" c'è quell’universo di festival di Napoli, di feste di Piedigrotta, e grandi eventi popolari. Al contrario il mio modo di intendere il neomelodico è la ragazza dei quartieri che fa le pulizie con i mollettoni fluorescenti tra i capelli. Le cosiddette "fotomodelle un po’ povere" (dal titolo di una celebre canzone di Gigi D’Alessio). A nuje ce piace chell’ e chell’».
Pellegrino: «A mio parere, se fossero rapportate al mercato discografico contemporaneo, alcune delle tracce in questione sarebbero considerate neomelodiche. Altre hanno una fattura diversa e guardavano ad altre sonorità che probabilmente non hanno incontrato il gusto del pubblico dell’epoca, altre hanno un piglio quasi da chansonnier (vedi Sorrentino): l’importante è che tutte conservino quella chiave unica e imprescindibile della napoletanità che è un approccio mentale e attitudinale prima che un suono specifico o peggio ancora un cliché».
Pino Amoroso diventerà poi conosciuto per un tipo di musica che si avvicina tantissimo al neomelodico, “Sandokan Napulitan” è forse il più grande successo: come avete scoperto questo pezzo dalle influenze completamente diverse?
Nu Guinea: «Eravamo con Flavia (la compagna di Massimo, ndr) in un mercatino delle pulci. Non conoscevamo Pino Amoroso, e sinceramente la copertina nemmeno ci ispirava così tanto, ma la tenacia di Flavia nell’acquistarlo è stata determinante alla scoperta di “Guagliù”».
Come nasceva questa piccola “scena” di artisti minori, collaboravano tra di loro?
Famiglia Discocristiana: «Non penso ci sia stata una scena disco all’epoca, ma ci sono nomi che ricorrono più volte tra i crediti di molti dischi che adoro, per esempio quelli del maestro Beppe Vessicchio».
DNApoli: «Non ci sono state vere e proprie collaborazioni, ma di sicuro esistono nomi ricorrenti che hanno contribuito a diverse produzioni, come il maestro Tony Iglio».
Est Est

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Un’altra cosa che sarebbe interessante capire e contestualizzare è: a chi erano indirizzati questi dischi? 
Nu Guinea: «L’unica cosa che sappiamo è che a Napoli ogni genere musicale corrispondeva a un contesto sociale differente. Chi ascoltava Napoli Centrale difficilmente conosceva i brani arrangiati da Tony Iglio. Chi ascoltava Pino Amoroso tendenzialmente non era affascinato dal jazz-funk di Pino Daniele».
Pellegrino: «All’epoca molte produzioni erano degli esperimenti senza un pubblico o finalità specifiche, magari pubblicate su etichette costituite ad hoc per quel progetto o comunque piccole realtà locali. Solo in qualche caso sporadico si poteva vantare una distribuzione strutturata appoggiandosi a qualche “major” o sussidiarie. In altri casi erano progetti studio di compositori, arrangiatori. In generale comunque i musicisti sotto contratto con le orchestre, gli studi o le etichette effettuavano sessioni di registrazioni che duravano giorni, durante i quali suonavano su molti progetti differenti. Emblematica è la storia di Oscar Prudente che negli studi della CGD recluta al volo alcuni musicisti (tra cui Tullio De Piscopo e Mario Lavezzi) per registrare quella che poi sarebbe diventata la gloriosa sigla di “Domenica Sprint”. In altri casi, come gruppi o artisti solisti, i dischi erano il tentativo di trovare un proprio spazio nel caotico e piuttosto saturo mercato discografico dell’epoca, e magari attraverso i testi in inglese cercare di ammiccare a un pubblico internazionale (o perché no, darsi un tocco straniero per destare interesse in patria) sperando in un riconoscimento oltre confine che oggi, col senno di poi, sappiamo non essere mai arrivato, almeno fino a "Napoli Segreta"».
Uno dei pezzi più incredibili della compilation è quello di Mario D’Espiscopo: su di lui è davvero difficile trovare qualcosa in rete, chi è?
Nu Guinea: «È stato difficile anche per noi trovare informazioni su di lui. Abbiamo fatto una ricerca lunghissima che abbiamo documentato con un video, magari un giorno lo pubblicheremo. Dalle nostre ricerche sono emerse storie poco chiare sulla realizzazione di quel disco. Tutti i musicisti che hanno partecipato alla realizzazione dell’album non ce ne hanno voluto parlare: alcuni dicono di non ricordare nulla, altri davano risposte evasive. Dopo mesi di ricerche, il giorno che siamo riusciti a parlare con Mario ci siamo quasi emozionati, come fossimo dei ragazzini che incontrano il proprio idolo di una vita. È stato molto felice di essere stato contattato a distanza di tanti anni e ci ha detto che ancora suona la chitarra Ibanez ritratta sulla copertina dell’album dell’85».
Credo che questa compilation, e gli artisti che ne fanno parte, nascondano tante storie: ce ne raccontate qualcuna?
Famiglia Discocristiana: «L’emozione della prima volta che sono stato presso l’ufficio di Edizioni La Canzonetta. Peccato non aver ottenuto da loro la licenza di «Creazione» de La Nuova Generazione: non abbiamo potuto inserirla in compilation, ma almeno in quella sede ho raccolto informazioni e curiosità su chi ha disegnato il bellissimo logo “Sintesi3000”».
DNApoli: «Potrei raccontarti delle estenuanti conversazioni telefoniche con il maestro Armando Cusopoli. Una trattativa che alla fine purtroppo non è andata in porto. Lui chiedeva oro, noi potevamo offrirgli solo nu fil’ ‘e argient».
Nu Guinea: «Ricordiamo quando siamo andati a casa della famiglia degli ORO, e dopo averci offerto due caffè e aver suonato con il pianoforte gli accordi di “Sasà”, ci hanno raccontato la storia del protagonista: un ragazzo stravagante e pieno d’amore che spesso andava a ballare alla discoteca Cotton di San Giuseppe Vesuviano, personaggio cult della movida dell’area vesuviana. Un’altra storia è arrivata inaspettatamente dall’autore del brano "Stop The War" (nome d’artista ORO, ma in realtà non connesso in alcun modo con l’altra band), circa la library music italiana. Un 45 giri originale è scritto a nome “Auriemma, Corona”. In realtà “Corona” è il cognome della moglie di un autore che lavorava negli anni '70 alla RAI. All’epoca chi lavorava alla RAI non poteva assolutamente utilizzare le proprie produzioni, oppure quelle fatte in collaborazione con amici, per sonorizzare video all’interno dell’azienda. Quindi l’escamotage era quello di dichiarare i brani a nome delle proprie mogli. Corona è infatti anche il cognome dell’autore del rarissimo disco di library music “Corviria-Psycho Analisis”. Tempo fa ci capitò di leggere un articolo che parlava di queste fantomatiche “donne” italiane della library music, paragonandole a Daphne Oram, Delia Derbyshire e altre pioniere dei sintetizzatori, nma adesso sappiamo la verità».
Immagino che ci siano tanti pezzi che non sono finiti nella compilation: ce ne potete svelare qualcuno?
Pellegrino: Credo che le storie migliori da raccontare siano quelle sui pezzi che non sono inclusi in questo primo volume.
Famiglia Discocristiana: «"Napoli Segreta" è un diversivo, uno stratagemma per distogliere l’attenzione da tutto ciò che in questa compilation non c’è. Perché esiste un solo modo per far sì che Napoli sia davvero segreta. Non parlarne affatto. Le situazioni underground sono patrimonio dell’umanità e meno se ne parla meglio è. Tutti quanti fanno la corsa a mettere i marchi sulle cose che non gli appartengono. Comme se io mo’ bell’e buono vado alla camera di commercio e registro Napoli Segreta© che appartiene a tutta la città».
Nu Guinea: «Un disco molto facile da trovare, ma sicuramente poco invitante per la copertina, un po’ da “Piano Bar”, è Antonio&Marcello - “Ralle ’n Faccia“, una perla funk prodotta da Tullio De Piscopo».
Sulla copertina di “Napoli Segreta” figura un “Volume 1”: dobbiamo aspettarcene un secondo?
Famiglia Discocristiana: «C’amm’appizzat ‘o core sul Volume 1, ma non è così scontato che ci sia un Volume 2. Non è detto che ci sia un volume 2 compilato da noi tre, né che il volume 2 porti il nome di Napoli Segreta. La serie “Zoom Napoli”, da cui è partito un po’ tutto ‘sto ambaradam, caricata negli anni su i Soundcloud di Famiglia Discocristiana e di Palinuro Bar, è completa e non avrà seguito, per intenderci. Per me voleva essere ed è stato qualcosa di performativo. Ma ci sono tantissime perle, tracce ancora più o meno segrete e altre ancora da scoprire in chissà quale cascione. Per questo il mio invito è godere appieno di questa «riscoperta» con spirito partecipativo andando alle serate, ascoltando i nostri djset sotto cassa e ballando #libericomegabbiani. Balla! Se sei felice, o #vendinapoliepoimuori».
DNApoli: «Siamo sempre in continua ricerca. Per quanto riguarda il futuro so dirti solo che continuerò a impolverarmi le mani, scavando nei cascioni alla ricerca di qualcosa che continui a emozionarmi».
Nu Guinea: «Sicuramente in futuro ci farà piacere condividere altre scoperte del sottobosco musicale napoletano di quell’epoca. Per il momento».
Napoli Segreta

Napoli Segreta

© Riccardo Corda