Mangiati dal deserto
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Offroad

MotoriInFolle: Paura e delirio alla Mint 400

La vera storia della gara resa celebre da Hunter Thompson e Johnny Depp. Dalle origini al 2015
Di Guido Guenci
9 minuti di letturaPublished on
Vintage Buggy alla Mint 400 negli anni '70

Un buggy in azione negli anni d'oro della Mint 400

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“E’ la più ricca corsa fuoristrada per motociclette e dune-baggy nella storia dello sport organizzato - uno spettacolo fantastico in onore di quel burino arricchito di nome Del Webb che possiede il lussuoso Mint Hotel nel centro di Las Vegas”.
[Video - Fuckin' Machine Guns]

THE GREAT AMERICAN DESERT RACE

Se conosci la Mint 400, i casi sono due: o sei un petrolhead invasato, o sei un fan allo stadio terminale di Paura e delirio a Las Vegas. Che sia il libro del 1971 di Hunter S. Thompson (da cui la citazione in apertura) o il film che Terry Gilliam da quel libro ha tratto nel 1998 (video qui sopra). O magari tutt’e due.
Uno di quei fan cui non sfugge nulla: perché in realtà, tanto nel libro che nel film della Mint 400 si parla pochissimo: la corsa è poco più che il pretesto e il punto di partenza del folle viaggio psicotropo del giornalista sportivo Raul Duke (interpretato da Johnny Depp nel film), incaricato di scrivere un reportage sulla gara, e del suo avvocato samoano dott. Gonzo (Benicio del Toro). Quel reportage non vedrà mai la luce: perché nelle intenzioni di Thompson, e nelle riflessioni allucinate del suo alter-ego Duke, la Mint 400 è più che altro una metafora del collasso del Grande Sogno Americano. Del suo incessante e inutiile girare su se stesso, lasciando dietro di sè detriti e frantumi, senza mai portare realmente da nessuna parte.
Eppure, quando fu scritto il libro la Mint 400 era un evento di assoluto rilievo. Tanto da meritarsi, ieri, il titolo di The Great American Desert Race. E oggi il ruolo di protagonista della terza puntata della nostra rubrica Motori in Folle, che va qua e là nello spazio e nel tempo alla scoperta delle corse più folli nella storia del motorsport.
Mangiati dal deserto

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GLI INIZI. TRA MARKETING, CERVI E STEVE MCQUEEN

Tutto era iniziato pochi anni prima. 1967, Las Vegas appunto: Del Webb, il “burino arricchito” proprietario del Mint Hotel, e Norm Johnson, direttore della promozione dello stesso hotel (poi apprezzato giornalista specializzato proprio nel mondo delle corse off-road), sono in cerca di un’idea per promuovere l'annuale contest di caccia al cervo organizzato dall'albergo. Da qualche parte hanno letto dei primi passi di quella che diventerà la Baja 1000. Macchine lanciate negli infiniti spazi dell'Ovest americano: roba per uomini duri e puri, roba buona per far pubblicità a una gara di caccia. Decidono così di puntare al record per il più lungo viaggio off-road: 600 miglia, dal Mint Hotel di Las Vegas Nevada al Sahara Hotel di Lake Tahoe, California.
Così nell’agosto 1967 LeRoy Wickham e John Sexton, due appassionati locali reclutati per l’occasione, partono da Las Vegas insieme a un fotografo del Las Vegas News Bureau, su due dune buggy fornite di attrezzatura da campeggio e scorte per la sopravvivenza. Ci mettono 6 giorni, ma quella che doveva essere un’esibizione non competitiva destinata ad avere risonanza locale, o poco più, si rivela un trionfo: i riscontri sui media in tutti gli States superano ogni aspettativa di Webb e Johnson. I due si convincono che per promuovere l’hotel vale la pena puntare più sui motori che sui cervi.
Da lì all’idea di trasformare l’esibizione in una vera gara, con cadenza annuale, il passo è breve. Il successo della prima edizione spinge molti piloti, professionisti o amatori, a interessarsi alla seconda. Ad attirarli, anche il montepremi che continua a crescere mese dopo mese, grazie all’interessamento degli sponsor. Ammonterà alla fine a 30.000$, niente male per l’epoca e per una corsa in fuoristrada in anni in cui l’espressione off-road race, anche negli States, non diceva ancora nulla a nessuno.
I soldi di Webb e l’abile lavoro di PR di Johnson permettono di coinvolgere anche una vera stella come Parnelli Jones, vincitore nel 1963 della Indy 500. Solo il primo di una lunga lista di partecipanti illustri, tanto dal mondo dell’automobilismo a stelle e strisce ( Al Unser, Rick Mears, Rodger Ward, Walker Evans), quanto da quello dello showbusiness: James Garner, Larry Wilcox (il compagno di Poncharello in Chips), e ovviamente l’immancabile Steve McQueen. Ma anche una rockstar come Ted Nugent e il celebre, all’epoca, astronauta Gordon Cooper.
Il compito di ridisegnare il campo di gara viene affidato ancora a Wickham e Sexton, che rinunciano alla corsa in linea da Las Vegas alla California e optano per un percorso circolare di 400 miglia complessive attorno alla capitale del Nevada.
Eroici pionieri della Mint 400

Eroici pionieri della Mint 400

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POTEVA ESSERE UNA TRAGEDIA, E INVECE...

E così, maggio 1968, si arriva alla seconda edizione. Che di fatto è la prima. Le cose vengono fatte in grande, con tanto di parata della vigilia che vede sfilare i veicoli iscritti su Fremont Street. Ma sono come detto gli anni in cui le corse a motore off-road muovono i primi passi, l'esperienza è poca per non dire nulla, e ad aggravare la situazione ci pensa Del Webb. Per contenere i costi, il “burino” ricicla il personale dell’albergo coinvolgendolo in vario modo nell’organizzazione: il direttore commerciale finisce a occuparsi del cronometraggio ufficiale, il capo dei croupier supervisiona i rifornimenti e le cameriere si improvvisano addette stampe. Insomma, ben pochi nell’organizzazione hanno un’idea anche vaga di cosa serva per gestire una corsa di questo tipo. E infatti si rischia la tragedia.
La confusione inizia già durante la parata, con veicoli che si rompono, si fermano dopo pochi metri, si tamponano, lasciando grossi dubbi sull’effettiva abilità di buona parte dei partecipanti.
In gara poi è il caos assoluto: i report confusi che arrivano in città parlano di incidenti, feriti, macchine e moto disperse, pezzi e rottami abbandonati ovunque con piloti che non si sa dove siano finiti. Qualcuno pare si ritrovi a correre sulle highway attorno alla Sin City, senza avere idea di come ci è arrivato. Si narra anche del pilota di un camion costretto a fermarsi per riparare il motore e sommerso nel giro di pochi minuti sotto una duna di sabbia.
Come dire che Thompson, e poi Gilliam, hanno ricamato su storie e leggende già radicate nell'immaginario popolare.
Un sobrio esempio della parata su Fremont Street

Un sobrio esempio della parata su Fremont Street

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... INVECE E' UN TRIONFO

Dei 101 partecipanti ufficiali solo 32 percorrono l’intero percorso di 400 miglia. Il primo al traguardo pare sia un tale J.N. Roberts su un’Husqvarna, ma tutto sommato non sembra interessare a nessuno.
Sono anni strani, e tutto il caos di questa prima edizione, invece di gettare dubbi e ombre sul futuro dell’evento, ne aumenta il fascino. Riviste come Life e Saga pubblicano report e foto della corsa, e il Mint Hotel viene sommerso da richieste di troupe televisive (persino da Germania e Giappone) che vogliono accreditarsi per l’edizione successiva.
Quando questa va in scena la Mint è ormai "the place to be". La corsa nata come piccola trovata di marketing locale diventa definitivamente grande. Entra a far parte, come evento di punta, della neonata International Desert Racing Association (IDRA), e diventa l’epicentro di una sorta di follia collettiva che attira una mandria davvero strana ed eterogenea: freaks e fattoni si mescolano ad affiliati della NRA e cultori inflessibili dell’American Way of Life, in quello che oggi potrebbe sembrare una sorta di improbabile incrocio tra un festival redneck e il Burning Man, ma sempre al sapore di petrolio.
Le ragazze della Mint 400

Le ragazze della Mint 400

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1972: ARRIVANO LE RAGAZZE

Ormai ribattezzata La Grande Corsa Offroad americana, la Mint decide di adottare anche la tecnica promozionale più efficace tra le tante inventate dagli americani: il sesso. Nel 1972, centinaia di esuberanti ragazze in cerca di gloria si presentano al Mint Hotel per gareggiare nella prima edizione del Girls of The Mint 400. Alle 5 vincitrici del concorso di bellezza viene riservato, all’interno della corsa, un ruolo non molto diverso da quello delle odierne paddock girls. Ovviamente, è un altro successo di pubblico e critica, e come potrebbe essere altrimenti con partecipanti che arrivano direttamente dal paginone centrale di playboy, o che rispondono al nome di Lynda Carter, futura Wonder Woman.
Negli anni successivi l’evento continua a crescere, tanto da raggiungere nel 1975 un montepremi di 100.000 dollari. L’atmosfera rimane però sempre la stessa, più o meno. Soprattutto, la gara continua a essere un pandemonio, con buggy e moto che invadono il deserto, si disperdono nella polvere e cadono a pezzi tra le dune, in una lotta contro la natura cui la maggior parte dei partecipanti continua a soccombere.
[Video: The Mint 400 - Documentario fine anni '70]

MORTE E RINASCITA DELLA MINT 400

Poi inizia il declino. Prima lento, quindi sempre più inesorabile in un clima che, tra crisi petrolifere e nascita dei primi movimenti ambientalisti, è profondamente cambiato. Finché nel 1988 il Del Webbs Mint Hotel and Casino viene venduto ai proprietari di un’altra struttura, l’Horseshoe Club, che tengono in piedi l’evento due anni, fino al 1989, per poi decidere di cancellarlo. La fine di un’epoca leggendaria del motorsport.
Ma non la fine della Mint 400, che risorge dalle sue ceneri 20 anni dopo per merito di uno sponsor, la ditta di pneumatici General Tire, e dell’associazione Southern Nevada Off-Road Enthusiasts. Il 29 marzo 2008 va così in scena la 24esima edizione della corsa da paura e delirio. Molto del fascino e del delirio dei vecchi tempi se n’è andato, inutile negarlo. Ma da allora, una volta all’anno, le strade di Vegas vengono invase dagli appassionati pronti a esaltarsi per una gara che, come e più di 30 anni fa, continua quanto meno ad attrarre la crema dell’off-road americano. Da Bryce Menzies, vincitore nel 2013, a sua maestà Travis Pastrana, che nel 2014 s’è dovuto accontentare del quarto posto.
Travis Pastrana alla Mint 400 2014

Travis Pastrana alla Mint 400 2014

© Chris Tedesco/Red Bull Content Pool

15 MARZO 2015

L’edizione 2015 è appena andata in scena, e basta un giro sul sito ufficiale per ritrovare tutti gli ingredienti di sempre: dalla parata dei veicoli sulla Strip, alla nuova Miss Mint, dai drammi sfiorati (due feriti in un maxi-incidente, con tanto di gara sospesa per qualche ora) a un vincitore, Justin Lofton, che a distanza di 72 ore, a causa delle incertezze sul cronometraggio, è ancora “unofficial”... Perché capire chi ha vinto, alla Mint 400, non è mai stato troppo facile. E in fondo non è mai stata nemmeno la cosa più importante.
[Video - Tre minuti alla Mint 400 2015]
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