Fernando Alonso e Max Verstappen
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F1

Terruzzi racconta: F1, salvate la tigre Alonso

In Bahrain rischia di tramontare il sogno di Fernando. A meno che l’Alpine…
Di Giorgio Terruzzi
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“Salvate la tigre” è il titolo di un vecchio film (1973) protagonista Jack Lemmon. Mi è tornato in mente pensando a Fernando Alonso che si appresta a scoprire se e in che termini la sua caccia può continuare con qualche probabilità di successo. Mica detto, visti gli affanni mostrati dall’Alpine, vale a dire Renault, all’esordio in Spagna. Una prima visione così poco rassicurante da far pensare che il sogno di Alonso possa svanire all’alba di una stagione per lui certamente decisiva. Ma sì, perché “El Nano”, come lo chiamano da sempre in famiglia, su questa nuova macchina francese ha puntato tutto o quasi. Vale a dire il suo formidabile desiderio di riscatto, approcciando con una energia ammirevole un ultimo capitolo che dovrebbe essere felice al punto da cancellare rimpianti e amarezze profonde.
Alonso ha 40 anni, ha un grandissimo avvenire dietro le spalle, comprendente due titoli mondiali vinti proprio con Renault (2005 e 2006) e almeno tre titoli mondiali persi “per un pelo” (2007, con McLaren; 2010 e 2012 con Ferrari) senza grandi colpe. Anzi. Soprattutto negli anni Ferrari, ha offerto un rendimento strepitoso, tutt’altro che premiato, addirittura frustrato dalla superiorità tecnica della Red Bull in mano a Sebastian Vettel.
Stiamo parlando, a mio modestissimo avviso, di un campione di primissima qualità. Di un combattente capace di offrire prestazioni mostruose in ogni condizione (soprattutto in gara), roba da porlo in una stratosfera a capienza assai ristretta. Di contro, come capita talvolta anche ai campionissimi, qualche mossa sbagliata, qualche consiglio controproducente, un lungo e vano inseguimento ad una vettura corrispondente al proprio talento che l’ha portato a disputare gare davvero strepitose persino con la McLaren del periodo 2015-2018, lontanissima da una forma accettabile. Senza considerare il peso che ebbe la celeberrima spy story nel suo primo passaggio nel team britannico, reso arduo anche dal debuttante Lewis Hamilton, fortissimo già allora e sin troppo protetto da Ron Dennis, a capo del team.
Non sto parlando di un uomo esente da errori, sia chiaro. Ma di un pilota il cui bilancio risulta francamente inferiore ai meriti. Lo sa sin troppo bene lui, Fernando. Infatti, per raddrizzarlo ha compiuto un vero viaggio nel motorismo, peraltro premiato dai successi nelle gare di durata, da una prestazione vicina al trionfo nella 500 Miglia di Indianapolis. Sforzi enormi pur di dimostrare, di riconquistare, di tornare, applicando una passione ammirevole. Sì, ma adesso o dentro o fuori. O dentro una lotta al vertice vera e propria oppure fuori, sia dalla bagarre per la conquista del titolo, sia da quella traiettoria che il suo ritorno in F1 ha significato e significa ora. Vuole vincere. Non è detto che accada, ancora una volta indipendentemente dai suoi sforzi. E se questa Alpine dovesse mostrare anche nelle gare ormai prossime una lontananza dai migliori, beh l’ipotesi di coronare questo lungo inseguimento a ciò che ha perduto svanirebbe definitivamente. Dunque, occhio all’Alpine. La cui forma potrebbe determinare il primo verdetto del 2022. Un verdetto potenzialmente amaro per un campione che più di altri si è guadagnato rispetto e ammirazione. Per me, Fernando è l’ultimo dei Mohicani, l’ultimo rappresentante di una stirpe romantica che ha animato una epoca indimenticabile di Gran Premi. Così, per affezione, anagrafe, gratitudine, spero proprio che Alonso resti in pista perché resta in lizza. Uno così, secondo me, se lo merita.