Ben Lecomte in una foto in posa nel mezzo del Pacifico con uno spazzolino trovato mentre nuotava
© Osleston
Swimming

Ecco l'uomo che ha nuotato per 350 miglia in un vortice di spazzatura

Ben Lecomte è il primo uomo ad aver attraversato a nuoto l'ammasso di plastica conosciuto come la Pacific Trash Vortex sfidando l'inquinamento
Di Red Bull Team
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Per 8 ore al giorno, attraverso 338 miglia nautiche (626 km), Ben Lecomte ha nuotato nella spazzatura. E al contrario della fauna marina che lo circondava, è stata una sua scelta.
Lecomte è stato la prima persona ad affrontare il vortice galleggiante di rifiuti conosciuto come Pacific Trash Vortex (la Grande Chiazza di Immondizia del Pacifico) - un'area 6 volte più ampia della Gran Bretagna che si trova tra la California e le Hawaii - nel tentativo di condurre delle ricerche vitali e allo stesso tempo sensibilizzare l'opinione pubblica.
Ben ha 52 anni, è sposato e ha due figli. Non è un nuotatore agonistico o uno scienziato; è un architetto francese e cittadino naturalizzato degli Stati Uniti che vive a Austin nel Texas dal 1993. "La mia generazione è responsabile di questo disastro" dice semplicemente "perciò devo a me stesso di provare a fare qualcosa per quelli che verranno dopo di me."
Una foto dell'immondizia sotto all'Oceano Pacifico

Questo vortice di detriti è sei volte la grandezza della Gran Bretagna

© Sea Marshall

Lecomte ha stabilito il primo vero test delle sua abilità di nuotatore nel 1998, quando è diventato il primo uomo ad attraversare l'Atlantico senza l'aiuto della tavoletta da nuoto, percorrendo i 5980 km da Cape Cod negli Stati Uniti a Quiberon, in Francia, il tutto in 73 giorni. Poi, nel 2018, si è imbarcato nella Longest Swim, un tentativo di replicare la sua impresa nel Pacifico, stavolta lungo 9100 km. Lecomte ha nuotato per 2700 km prima che un tifone danneggiasse la sua barca di supporto, costringendolo così a gettare la spugna. Ma vedere di persona l'enorme aumento di detriti plastici lo ha aiutato a capire quale sarebbe stata la sua nuova impresa.
"Vent'anni fa nell'Atlantico, [i rifiuti di plastica] si vedevano di rado" raccontava Lecomte al tempo. Decise di pianificare un nuovo tipo di spedizione: The Vortex Swim.
Nel giugno del 2019, Lecomte è partito con un team di 9 persone - tra cui un dottore, un cuoco, scrittori e scienziati - a bordo di uno yacht di 20 metri chiamato "I Am Ocean", diretti verso il Pacific Trash Vortex, la Grande Chiazza di Immondizia del Pacifico. Non si trattava più di un'impresa sportiva o di battere un qualche record personale; Lecomte vuole portare l'attenzione sull'inquinamento degli oceani e raccogliere dati che possano aiutare a comprendere meglio la portata di questo problema.
La plastica nel mare non è un problema singolo e a sé stante", ci dice. "È un insieme di problemi". Il team di Lecomte è coinvolto in 11 diverse ricerche scientifiche, assistendo diverse istituzioni nello studio delle microplastiche e sul ruolo delle correnti oceaniche nello spostamento dei detriti. Il loro obiettivo è ispirare altre persone a intraprendere un cambiamento, come evitare l'uso di plastiche a uso singolo e scegliere materiali alternativi. Anche se nessuno di noi è perfetto, dice Lecomte, abbiamo tutti il dovere di dare una mano a proteggere i nostri oceani.
Alcuni membri del team contano le microplastiche trovate nell'oceano

I membri del team Vortex contano le microplastiche trovate nell'oceano

© Osleston

Quale è stato il rifiuto più inaspettato che avete trovato?
C’è una foto di me totalmente nudo seduto su di un WC. Ho posato con un detrito che ho trovato. L’ho fatto apposta, come provocazione, perché le persone sono più offese dal vedermi nudo che dal fatto che un oggetto simile galleggi liberamente al largo in mare aperto. Al momento, il mio approccio è fare qualcosa di inconsueto per attirare l’attenzione della gente.
Immondizia nell'Oceano Pacifico

Un rifiuto ingombrante gettato lungo le coste

© Joshua Munoz

Esiste una soluzione globale al problema della plastica nei nostri oceani?
Il problema è senza dubbio globale, ma è complesso, ed è il motivo per cui bisogna rispondere con campagne locali mirate. Negli Stati Uniti ad esempio, i lobbisti hanno molto potere e fanno pressione sui politici, ma non è così in Germania, che è il motivo per cui sono stati in grado di far passare leggi decreti per limitare l’uso della plastica. Non possiamo applicare una soluzione miracolosa che funzioni per tutti, perché i modelli economici e le risorse sono differenti.
Quanti "vortex" o chiazze ci sono?
Cinque. Ce ne sono due nel Pacifico, due nell’Atlantico e uno nell’Oceano Indiano. Il vortice del Nord Pacifico è il più grande di tutti. La cosa più importante per noi è stata scattare delle foto per essere in grado di trasmettere questa realtà atroce. Non è visibile da foto satellitari, bisogna essere su un’imbarcazione e avvicinarsi lentamente per accorgersi che ciò che si vede in superfice è solamente una parte: la quantità maggiore, che non si riesce a vedere, e nella colonna d’acqua al di sotto della superficie – è per questo che ho deciso di nuotare. Essendo in acqua per 8 ore al giorno, ero in grado di individuare le concentrazioni di microplastiche più grandi.
Una visuale dei rifiuti sotto la superficie della grande chiazza di rifiuti del Pacifico

Molti detriti galleggiano sotto la superficie e sono impossibili da vedere

© Sea Marshall

Quindi non si tratta (come molti immaginano) di un'isola di rifiuti galleggiante?
È un’area estesa con una concentrazione molto alta di microplastiche e grossi detriti. Potete compararla ad un’oasi, perché attorno a grandi oggetti si forma un ecosistema: alghe e molluschi si attaccano sulla parte superiore, mentre i granchi e i pesci nuotano sotto. I detriti vengono generalmente gettati lungo le coste. Le correnti marine li spingono verso il centro dell’oceano, ma gli organismi al di sopra e al di sotto provengono dalle coste. Questi organismi diventano una “popolazione invasiva” nel mezzo dell’oceano, in un ecosistema diverso dal loro. È un’invasione biologica.
In quale altri modi la presenza dei rifiuti plastici influenza la vita marina?
Quando un grande oggetto si rompe, libera sostanze chimiche nell’acqua. Al di là del problema che lo scambino per qualcosa di commestibile, se un pesce o un mammifero ingoia un pezzo di plastica, ingerisce anche le sostanze chimiche che contiene, e se sono dannose contamineranno la carne dell’animale. Si ha quindi una concentrazione di agenti inquinanti nel fondo della catena alimentare.
Detriti vari trovati durante il sott'acqua durante il Vortex Swim Project

Il team ha trovato questi oggetti nello stomaco di un pesce

© Sea Marshall

Qual è la definizione di microplastiche?
Sono particelle di materiale plastico non più grandi di 5 millimetri. Quando raccogliamo un grosso pezzo di plastica, questo si spezza diventando microplastica. Le microfibre sintetiche sono l’altro grande pericolo, perché sono invisibili ad occhio nudo. Provengono dai vestiti composti da poliestere o fibre sintetiche, che disperdono le microfibre durante i lavaggi in lavatrice. Non conosciamo ancora l’estensione dell’impatto che hanno sulla vita marina e su di noi umani.
Quindi un nuovo ecosistema si forma attorno a questi rifiuti. Qual è la soluzione per contrastare il danno?
Non ci sono ancora dei filtri adatti a risolvere questo problema; nessun modo per bloccare l’inquinamento da microfibre e microplastiche. Abbiamo fatto dei tentativi, ma anche usando delle reti molto fini si finisce per catturare troppo plankton e troppi microorganismi. Abbiamo concluso che se si creasse un sistema per catturare le microplastiche, si rischierebbe di rimuovere anche i microorganismi dagli oceani, che è impensabile. In più, dobbiamo affrontare il fatto che siamo a conoscenza solamente dell’uno percento della plastica nel mare. Non sappiamo se il restante 99% galleggi nella colonna d’acqua, si sia depositato sui fondali o se sia stato ingerito dalla fauna marina. Ciò che sappiamo però è che ogni anno produciamo 300 milioni di tonnellate di plastica a uso singolo, e 8 milioni di quelle tonnellate finiscono negli oceani.
Ben Lecomte nuota sott'acqua nella grande chiazza di spazzatura del Pacifico

Ben Lecomte vuole che la Vortex Swim sia un allarme per il consumismo

© Sea Marshall

Cosa speri di ottenere per le generazioni future?
Per me, il nuoto è una forma di comunicazione. Se possiamo fare in modo che la gente si accorga che i mari e gli oceani sono più del 70% del pianeta, e se riusciamo a comunicare l’estensione dell’inquinamento, potranno osservare le proprie abitudini di consumo e optare per alternative sostenibili e materiali ottenuti da fibre naturali. Vorrei che la Vortex Swim creasse una piattaforma in grado di aiutare ad accumulare dati scientifici ed essere un campanello d’allarme per la gente. Mostrando alle persone cosa è esattamente il “vortex”, educandole riguardo ai pericolosi effetti della plastica e delle microfibre e alla difficoltà nel “ripulire” gli oceani senza danneggiare l’ecosistema, potremo aiutarli a comprendere la portata del problema. Che sia di persona o online, inizieremo un dialogo. Il nostro obiettivo è aiutare la gente a trovare la giusta motivazione ed acquisire un senso di responsabilità nel proprio modo di pensare.